Dopo la separazione ci si chiede se i sacrifici profusi durante il matrimonio siano idonei per ottenere l’assegno divorzile se si rinuncia al lavoro, come la necessità di dedicarsi alla famiglia. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27945 del 4/10/23, ha deciso che è necessario verificare che:
Il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali ed eventualmente intime che hanno portato a compiere tale scelta,
Per ottenere un assegno di divorzio non è necessario abbandonare completamente il lavoro. Piuttosto, è importante dimostrare il sacrificio economico fatto per concentrarsi sulla famiglia, senza indagare sulle motivazioni personali (a volte intime e riservate) di questa scelta.
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Cos’è l’assegno divorzile?
L’assegno divorzile è un contributo economico che uno dei due coniugi conferisce alla parte più debole economicamente.
Questo avviene se non ha i mezzi e le possibilità adeguate e deve svolgere tre funzioni fondamentali: assistenziale, compensativa, perequativa per supportare e rivalutare lo squilibrio economico-patrimoniale tra le parti.
Ovviamente c’è una differenza con l’assegno di mantenimento previsto in sede di separazione che fa riferimento al tenore di vita goduto in costanza di convivenza, aspetto superato con l’assegno divorzile.
In sintesi, mentre l’assegno di mantenimento consente al coniuge più debole di vivere così come faceva in precedenza, l’assegno di divorzio è un contributo per garantire all’altra parte di essere autosufficiente. Soprattutto se ha sacrificato la sua professione nell’arco del suo matrimonio.
Il concetto di sacrificio professionale
Nel caso in esame, la Corte d’appello ha respinto la richiesta di assegno di una donna rimasta senza lavoro: non era dimostrata la necessità di sacrificare opportunità professionali per dedicare più tempo ai figli.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza sopra indicata, ribalta la decisione e precisa che il giudice deve valutare il sacrificio professionale fatto dal coniuge. Perché l’unico aspetto che conta è il sacrificio professionale ed economico necessario per concentrarsi sulla famiglia e non sulla carriera.
Non è necessario indagare sulle motivazioni che possono essere la maggiore attenzione da dare ai figli o la necessità di dare al marito più risorse.
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Bisogna sacrificare completamente il lavoro?
La possibilità di percepire l’assegno divorzile se si rinuncia al lavoro può presentarsi quando ci si dedica per un tempo maggiore alla famiglia, e non deve essere necessariamente collegata a un totale abbandono del lavoro.
Il principio osservato è che ci sia stato un sacrificio dell’attività lavorativa e delle occasioni di carriera, anche se il lavoro è part-time.