09/05/2025

Che differenza c’è tra coppie e conviventi di fatto?

Noi sappiamo che lo Stato Italiano, oltre al matrimonio religioso o civile, dà la possibilità a due persone che condividono determinati interessi e sentimenti di certificare la propria unione. Ma in questi casi c’è una domanda che sorge spontanea: che differenza c’è, anche dal punto di vista legale, tra coppie di fatto e conviventi di fatto? Ci sono dei diritti in meno?

Coppie di fatto e conviventi di fatto

Quali sono le discordanze? Quale soluzione conviene scegliere se si vuole procedere con un percorso di vita condivisa? E quale, invece, se non siamo interessati ai diritti ma piuttosto alla libertà individuale?

Anticipiamo questo: la differenza tra coppie e conviventi di fatto sta nel riconoscimento giuridico e nei diritti e doveri che derivano dalla relazione.

Cosa sono le coppie di fatto, definizione

Per capire la differenza tra queste entità giuridiche dobbiamo prima analizzarle. Coppie di fatto e conviventi di fatto non sono la stessa cosa: la prima definizione è tecnicamente errata, anche se molto diffusa, perché una coppia non deve essere registrata o certificata per esistere.

Non bisogna seguire un iter per diventare una coppia di fatto o attendere un certo numero di anni: stiamo parlando, semplicemente, del livello minimo di diritti e doveri dato che due persone che si frequentano che non convivono, o non registrano la convivenza, non hanno tutele legali specifiche. Quindi, non sussiste nessun riconoscimento giuridico automatico.

Quando la coppia presenta alcune caratteristiche – convivenza continua, stabilità affettiva, serietà d’intenti e assenza del vincolo di matrimonio – si viene a delineare la famiglia di fatto. Ma il riconoscimento ufficiale può essere ottenuto solo dichiarando esplicitamente la loro intenzione.

Cosa sono, invece, i conviventi di fatto

La vera definizione che ci interessa è questa: convivenza di fatto. Ovvero, una coppia non sposata ma che vive stabilmente insieme e registra la convivenza presso l’anagrafe del comune di residenza. Quali sono i requisiti necessari:

  • Coabitazione.
  • Legame stabile.
  • Maggiore età.

Ovviamente, per procedere in questa direzione bisogna dimostrare l’assenza di legami matrimoniali civili o religiosi in essere. Questa condizione prevede i diritti riconosciuti, in Italia, con la legge Cirinnà del 2016. I punti:

  • Assistenza reciproca in ospedale.
  • Possibilità di fare visita in carcere.
  • Diritti nella locazione dell’abitazione.
  • Possibilità di stipulare un contratto di convivenza.

Inoltre c’è la possibilità di definire il partner come tutore o rappresentante in caso di incapacità. In caso di morte c’è la possibilità di rimanere nella casa. Per ottenere questi diritti serve la registrazione come conviventi di fatto.

Ma saranno limitati rispetto al vincolo del matrimonio come avviene, ad esempio, con la pensione di reversibilità o il diritto ereditario automatico. Nulla cambia per i diritti/doveri nei confronti dei figli a prescindere dallo status della coppia.

Quindi, qual è la differenza fondamentale?

La coppia di fatto non ha alcun riconoscimento legale. Cosa che invece è considerata per la convivenza di fatto, una soluzione fondamentale per chi ha intenzione di circondare il rapporto con il proprio partner con una serie di tutele che si costituiscono grazie a diritti e doveri stabiliti per legge.

Unioni civili: una terza opzione possibile

In Italia, l’unione civile è un legame omossessuale analogo al matrimonio. Si tratta di un istituto giuridico introdotto in Italia sempre con la legge Cirinnà che riconosce e regola legalmente l’unione tra due persone:

  • dello stesso sesso,
  • maggiorenni,
  • non sposate.

Grazie a questa condizione si stabilisce un vincolo giuridico simile al matrimonio, con diritti e doveri: pieno diritto successorio, come tra coniugi, Diritto alla reversibilità e altri benefici previdenziali sono dei punti di riferimento per chi decide di avvalersi dell’unione civile.